L’assegno di divorzio: cosa cambia con l’ultima sentenza della Cassazione

A distanza di circa un anno dalla rivoluzionaria sentenza n.11504/17, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sull’assegno divorzile e lo fa al suo livello più alto, quello delle Sezioni Unite. L’11 luglio scorso, infatti, la Corte si è pronunciata con una sentenza (sentenza Cassazione SSUU 18287_18), che mitiga gli effetti davvero dirompenti della sentenza del maggio 2017.

In estrema sintesi, un anno fa la Corte aveva affermato che l’assegno divorzile non doveva essere attribuito ai soggetti economicamente indipendenti ovvero a quei soggetti che, come dispone l’art. 5 della legge sul divorzio, dispongano di mezzi adeguati o siano in grado di procurarseli. La grande novità stava nell’abbandono del riferimento al tenore di vita goduto durante il matrimonio; in buona sostanza, chi era in grado di mantenersi da solo non aveva diritto a percepire l’assegno dall’ex coniuge, anche se non fosse stato in grado di conservare lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio.

Cosa dice invece oggi la Cassazione?

Le Sezioni Unite correggono un po’ il tiro, valorizzando i criteri dettati dal medesimo art. 5. Questa disposizione prevede che il Giudice deve accordare il mantenimento al soggetto non economicamente indipendente e deve quantificare l’assegno tenendo “conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio”.

Ebbene, le Sezioni Unite ritengono che la valutazione dell’adeguatezza dei mezzi del soggetto che chiede il mantenimento debba essere compiuta tenendo conto di questi criteri e, in particolare, di quello relativo al contributo che il coniuge richiedente abbia dato alla famiglia ed alla formazione del patrimonio dell’altro.

Occorre quindi valutare “se l’eventuale rilevante disparità della situazione economico patrimoniale degli ex coniugi all’atto dello scioglimento del vincolo sia dipendente dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti”.

In altre parole, se un soggetto abbia rinunciato ad occasioni lavorative e possibilità di guadagno per dare priorità alla famiglia ovvero abbia favorito l’attività dell’ex coniuge, consentendo a quest’ultimo di incrementare il suo patrimonio, ciò dovrà essere attentamente considerato dal Giudice.

Pertanto, se lo squilibrio economico tra gli ex coniugi è stato causato, anche solo in parte, dalla scelta di uno dei due di sacrificare le proprie aspettative professionali e la propria carriera a vantaggio dell’altro coniuge e della famiglia, tale scelta potrà essere “premiata” con il riconoscimento dell’assegno divorzile.

Il tutto, dice ancora la Cassazione, tenendo conto anche della durata del matrimonio e dell’età del soggetto che chiede l’assegno; è infatti, evidente che minore sarà stata la durata del matrimonio, minore sarà l’ammontare dell’assegno liquidabile; così come, più avanzata sarà l’età del soggetto richiedente, maggiore sarà l’ammontare dell’assegno, dal momento che un soggetto giovane avrà più possibilità di avviare o riavviare il percorso lavorativo interrotto o sacrificato a causa del matrimonio.

In attesa di vedere come si regoleranno i Tribunali, la sentenza delle Sezioni Unite appare condivisibile. Infatti, se è vero che prima della sentenza del maggio 2017 un matrimonio “azzeccato” consentiva di percepire, vita natural durante, un cospicuo assegno, esonerando il beneficiario dalla preoccupazione di trovare un impiego e mantenersi, è altrettanto vero che non sono pochi i coniugi che hanno rinunciato ad opportunità professionali e di guadagno per seguire e/o sostenere l’altro coniuge o per occuparsi dei figli e della famiglia; con questa sentenza della Sezioni Unite la scelta di chi accantona le proprie ambizioni e dà priorità al matrimonio ed alla famiglia viene salvaguardata.

Avv. Mauro Sbaraglia