Premessa: non sono un esperto di privacy e quindi mi limito a riportare i principi espressi da un’ordinanza della Corte di Cassazione, che mi sembra interessante, considerata la facilità con la quale oggi è possibile registrare una conversazione.
La questione, a grandi linee, è la seguente: una dottoressa aveva registrato, senza autorizzazione, una conversazione privata, intercorsa con un collega in ambiente e orario di lavoro, allo scopo di utilizzarne il contenuto come prova contro un altro medico, da lei denunciato per abuso di ufficio e omissione di atti d’ufficio commessi in suo danno.
A causa di questa registrazione non autorizzata, la dottoressa aveva subito un provvedimento disciplinare, che era stato poi impugnato, fino ad arrivare in Cassazione.
Quest’ultima, con l’ordinanza n.5844/25, ha dato ragione alla dottoressa.
Ecco, in linea di massima, cosa ha detto la Cassazione:
- “non è illecita la violazione del diritto alla riservatezza, cioè la condotta di registrazione d’una conversazione tra presenti in mancanza dell’altrui consenso, ove rispondente alle necessità conseguenti al legittimo esercizio del diritto di difesa in giudizio”;
- “la scriminante opera a prescindere dalla esatta coincidenza soggettiva tra i conversanti e le parti processuali, purché l’utilizzazione di tale registrazione avvenga solo in funzione del perseguimento di tale finalità e per il periodo di tempo strettamente necessario”.
Quindi, in estrema sintesi, se è utile alla difesa in giudizio, la registrazione non autorizzata è lecita.
Avv. Mauro Sbaraglia
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