Il 14 dicembre scorso il Parlamento ha finalmente approvato le “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”, la cd. legge sul biotestamento (disegno legge biotestamento).
In un articolo pubblicato sul sito dell’Associazione Luca Coscioni il 17.10.2006 il Prof. Umberto Veronesi spiegava la differenza tra eutanasia e testamento biologico e concludeva dicendo: “Ora alla Camera dei deputati si discute di testamento biologico, per arrivare a una legge che allinei il nostro Paese a quelli più avanzati nel campo dei diritti dei malati”. Ci sono in realtà voluti ben 11 anni, ma alla fine, tra mille difficoltà, discussioni e polemiche (talvolta sterili), si è arrivati ad un risultato apprezzabile.
Vediamo i punti salienti della legge.
Principi generali e consenso informato
Innanzi tutto, nel richiamare il rispetto del diritto alla vita, alla salute, alla dignità ed all’autodeterminazione, l’art. 1 afferma che “nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge”.
Alla base di questo principio vi è il consenso informato, che era già previsto dal nostro ordinamento, ma che viene valorizzato, garantendo ad ogni persona il “diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi”.
Dunque, da un lato vi è il diritto del paziente di conoscere il proprio stato di salute, i benefici ed i rischi delle terapie e le possibili cure alternative, dall’altro lato vi è l’obbligo del medico di fornire tali informazioni in modo chiaro e comprensibile, modulando il linguaggio a seconda del soggetto che ha di fronte.
Naturalmente il consenso deve essere espresso in modo inequivocabile e dunque per iscritto, con videoregistrazioni o, per le persone con disabilità, con altri strumenti idonei.
Dopo aver ricevuto tutte le informazioni necessarie per poter esprimere consapevolmente le proprie determinazioni, il paziente “ha il diritto di rifiutare, in tutto o in parte (…) qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia o singoli atti del trattamento stesso”, anche qualora si tratti di “trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza”.
Il medico deve naturalmente rispettare la volontà espressa dal paziente e nei casi di emergenza deve intervenire tenendo sempre conto di tale volontà.
La terapia del dolore
Un altro aspetto interessante della legge è quello che riguarda la terapia del dolore.
L’art. 2 della legge prevede infatti che il medico debba attivarsi per alleviare le sofferenze del paziente, anche quando questi abbia deciso di rifiutare le cure propostegli. In particolare, quando la morte appare ormai prossima “il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati” e, quando i trattamenti non alleviano le sofferenze, “il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente”.
Minori ed incapaci
Particolarmente accesa è stata la discussione sulle norme che riguardano i minori e gli incapaci, in quanto in questi casi le decisioni sui trattamenti sanitari non vengono assunte dai diretti interessati.
La legge prevede innanzi tutto che anche i minori e gli incapaci debbano essere informati, nei limiti delle loro possibilità, in modo da poter esprimere la loro volontà.
Ad ogni modo, il consenso informato al trattamento sanitario è espresso:
- per il minore: da coloro che esercitano la responsabilità genitoriale o dal tutore;
- per l’interdetto: dal tutore;
- per l’inabilitato: dallo stesso inabilitato, salvo il caso di nomina di un amministratore di sostegno con rappresentanza esclusiva in ambito sanitario.
Qualora il rappresentante legale della persona interdetta o inabilitata oppure l’amministratore di sostegno o il rappresentante legale del minore rifiuti le cure proposte e il medico le ritenga invece appropriate e necessarie, la decisione è rimessa al giudice tutelare.
Le disposizioni anticipate di trattamento
Le disposizioni anticipate di trattamento (DAT) costituiscono certamente l’aspetto di cui si è più parlato, perché rappresentano una novità assoluta per il nostro ordinamento.
Di cosa si tratta?
Si tratta delle disposizioni con cui, “in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi”, tutte le persone maggiorenni e capaci di intendere e volere possono esprimere “le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari”.
Dunque, un sorta di testamento (per l’appunto, un biotestamento), con il quale ognuno di noi potrà esprimere in anticipo le sue volontà circa i trattamenti sanitari che intende ricevere o rifiutare qualora in futuro divenisse incapace di autodeterminarsi.
Con le DAT, inoltre, può essere designato un soggetto, il cd. “fiduciario”, che rappresenterà il paziente nei rapporti con il medico e con le strutture sanitarie.
Naturalmente queste disposizioni sono vincolanti per il medico, il quale può disattenderle, d’accordo con il fiduciario, solamente se “appaiano palesemente incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente ovvero sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita”.
Le modalità di espressione delle DAT
Per evitare fraintendimenti in merito all’effettiva volontà del soggetto che detta le sue DAT, queste ultime “devono essere redatte per atto pubblico o per scrittura privata autenticata ovvero per scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l’ufficio dello stato civile del comune di residenza del disponente medesimo”.
Inoltre, per venire incontro a coloro che sono impossibilitati ad utilizzare queste modalità, la legge prevede che “nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, le DAT possono essere espresse attraverso videoregistrazione o dispositivi che consentano alla persona con disabilità di comunicare”.
Sia le DAT che la nomina del fiduciario sono revocabili in ogni momento, utilizzando le medesime modalità.
La pianificazione condivisa delle cure
L’ultimo aspetto di rilievo della legge è quello concernente la pianificazione condivisa delle cure.
L’art. 5 prevede che medico e paziente possono pianificare insieme le cure per una “patalogia cronica e invalidante o caratterizzata da inarrestabile evoluzione con prognosi infausta”; a tale pianificazione dovrà attenersi il medico quando il paziente si troverà “nella condizione di non poter esprimere il proprio consenso o in una condizione di incapacità”.
La pianificazione può naturalmente essere sempre aggiornata se il paziente lo richieda o il medico lo suggerisca.
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Quelle che abbiamo visto sono, in estrema sintesi, le novità introdotte dalla legge sul biotestamento.
Si tratta di norme apprezzabili, che con il tempo saranno forse migliorate, ma che rappresentano senza dubbio un passo di civiltà per il nostro Paese; e ciò tanto più perché le norme non prevedono alcun obbligo per coloro che questa legge non l’hanno voluta e non la condividono. Questi ultimi non dovranno redigere le DAT, non dovranno designare un fiduciario, non dovranno decidere in anticipo quali cure ricevere e quali rifiutare ecc.
Per loro non cambia nulla, per gli altri invece sì.
Avv. Mauro Sbaraglia